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Di Gilbert Achcar
Il fatto che Washington e Mosca abbiano scelto il regno saudita come sede di un incontro tra le loro delegazioni per discutere le prospettive della guerra in corso in Ucraina da quando le forze russe hanno invaso il Paese tre anni fa, è la prova dei profondi cambiamenti che si stanno verificando sotto i nostri occhi nelle questioni internazionali.
La modalità stessa dell’incontro è del tutto coerente con la sede: l’amministrazione neofascista di Donald Trump non ha cercato di promuovere la pace tra le parti in conflitto nel quadro del diritto internazionale e delle Nazioni Unite, come la Cina ha chiesto fin dall’inizio del conflitto, ma sta piuttosto cercando di concludere un accordo diretto con il regime altrettanto neofascista di Vladimir Putin, a spese del popolo ucraino.
È quindi naturale che le due parti non abbiano scelto un’arena neutrale e conforme al diritto internazionale, come le Nazioni Unite, ma una coerente con la loro natura, anche se il suo regime dispotico è di tipo tradizionale.
Quello che rende la scena ancora più orrenda è che gli Stati Uniti sono partner a pieno titolo della guerra genocida condotta contro il popolo palestinese a Gaza, con parte del suo slancio che si sta al momento spostando in Cisgiordania.
L’amministrazione Trump si è persino affrettata a cancellare le misure limitate che l’amministrazione precedente aveva adottato nel tentativo di sviare la colpa, in particolare il congelamento dell’esportazione di bombe da una tonnellata che hanno contribuito in larga misura alla distruzione della Striscia di Gaza e allo sterminio del suo popolo, così come alla guerra di eliminazione che Israele ha condotto contro Hezbollah in Libano.
Piuttosto, come previsto, ad eccezione di coloro che hanno cercato di sfuggire all’amara realtà proiettandovi i propri sogni (1), la nuova amministrazione ha superato il suo predecessore nell’assecondare le volontà sioniste con l’invito di Trump a sfollare in modo permanente i residenti della Striscia, cioè ad attuare quello che il diritto internazionale chiama “pulizia etnica” – un crimine contro l’umanità.
L’asse neofascista sionista-statunitense converge con la Russia di Putin nell’odio razziale dei popoli oppressi. Mosca ha eccelso in questo campo, non solo con l’aggressione coloniale all’Ucraina, ripudiandone la sovranità nazionale, ma anche nella regione araba, dove ha giocato un ruolo chiave nella distruzione della Siria e nello sterminio di un numero enorme di suoi abitanti, pur essendo apertamente complice dello Stato sionista nel permettergli di bombardare a piacimento siti iraniani in Siria (nell’ambito della rivalità tra le influenze russe e iraniane in quel Paese).
Il ministro degli Esteri di Mosca ha persino equiparato la guerra della Russia all’Ucraina a quella di Israele a Gaza, paragonando la descrizione putiniana dei governanti ucraini come nazisti a quella sionista di Hamas come nazisti.
È altrettanto degno di nota che la reazione di Mosca al progetto di deportazione criminale pronunciato da Trump sia stata contenuta, anche rispetto alla condanna esplicita emessa da alcuni dei tradizionali alleati di Washington, come la Francia.
Ecco che gli americani coinvolti nell’uccisione di centinaia di migliaia di gazawi si incontrano con i russi coinvolti nell’uccisione di centinaia di migliaia di siriani, le due parti che condividono con lo Stato sionista il comune disprezzo per i diritti territoriali dei popoli.
Si stanno incontrando sul territorio di uno Stato arabo che, se fosse veramente preoccupato per i popoli siriano e palestinese, avrebbe dovuto essere così avverso alle due parti che non gli sarebbe nemmeno venuto in mente di chiedere di ospitare il loro incontro.
Quello a cui stiamo assistendo in realtà non è altro che un ridisegno della mappa politica del mondo, passando dallo scontro della Guerra Fredda, tra un blocco occidentale che pretendeva di sostenere i valori della democrazia liberale (pur tradendoli costantemente) e un blocco orientale in cui prevalevano i regimi dittatoriali, alla dissoluzione del sistema occidentale, dopo quello orientale, a seguito della crisi mortale che ha colpito la democrazia liberale e dell’ascesa globale del neofascismo (2).
L’era della nuova guerra fredda, che ha seguito il crollo dell’Unione Sovietica e la dissoluzione del suo blocco, ha fornito una transizione combinando la legge della giungla con il neoliberismo sfrenato.
Washington ha svolto il ruolo principale nel far prevalere entrambe le caratteristiche sul diritto internazionale e sullo sviluppo basato sul benessere e sulla tutela dell’ambiente.
Stiamo assistendo a una convergenza tra neofascisti a scapito dei popoli oppressi, poiché il nuovo fascismo, come il vecchio, nega apertamente il diritto dei popoli all’autodeterminazione.
I governi liberali rimasti in Europa sono storditi, dopo essersi affidati per otto decenni alla protezione del sistema occidentale da parte degli Stati Uniti senza osare formare un polo globale indipendente da Washington – non solo militarmente, ma soprattutto nel campo della politica estera.
Il risultato è che i popoli oppressi del mondo non possono più beneficiare della frattura tra grandi potenze che esisteva in passato, ma devono ora condurre le loro lotte di resistenza e liberazione in condizioni più difficili che mai. Il caso della Palestina ne è la prova più evidente.
Tradotto in inglese dall’autore a partire dall’originale arabo pubblicato da Al-Quds al-Arabi il 18 febbraio 2025. La versione italiana si basa su quella inglese: https://gilbert-achcar.net/peace-between-neofascists. La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Rproject.it.
(1) G. Achcar: “Due miti sul cessate il fuoco a Gaza”, 21 gennaio 2025. Qui il testo.
(2) G. Achcar: “L’era del neofascismo e i suoi tratti distintivi”, 4 febbraio 2025. Qui il testo
Articolo pubblicato sul sito: https://mps-ti.ch/ (Movimento per il Socialismo)